Vincenzo De Luca ha vinto la sua battaglia contro il Pd e il Tribunale di Napoli. Ora, in attesa della Corte Costituzionale che ad ottobre deciderà sulla legittimità o meno della Legge Severino, il ras di Salerno si gode la poltrona a Santa Lucia rincorsa per dieci anni.
Un ringraziamento di certo va al sindaco di Napoli, Luigi de Magistris: se non fosse stato per lui, il precedente giurisprudenziale sicuro non ci sarebbe stato. Lo dice anche il Tribunale di Napoli che ha confermato la sospensione della sospensione dettata dalla Severino e decisa il 2 luglio scorso dal giudice monocratico.
Ma il collegio partenopeo spiega anche altre questioni. Fra queste, il rischio che, in caso di sospensione non impugnata e non sospesa, la Campania sarebbe dovuta tornare alle urne.
Ma questo può bastare a ripristinare il neo governatore? Evidentemente no, dal momento che qualche buco nella difesa di Vincenzo De Luca pure viene sparato: irrilevante – dicono i giudici – che la Legge Severino non preveda l’ipotesi di un candidato eletto già con la spada di Damocle di una sospensione.
Un dato è certo: un Tribunale non può sostituirsi al giudizio del massimo organo di diritto, che è appunto la Corte Costituzionale, invocata da de Magistris e da De Luca. Il de (piccolo) e il De (grande) su questo punto sono alleati da tempo. E il Tribunale si è allineato sia nell’uno che nell’altro caso.
Ma un conto è rispettare le gerarchie, altro è giudicare laddove si attende la decisione di altri. E così, da Napoli sembra che quasi si voglia anticipare Roma, quando i giudici – nella loro ordinanza – parlano di “evidente disparità di trattamento” della Legge Severino.
E si spingono ancora più in profondità quando – ragionando sulla “scelta legislativa” – sostengono che “non vi è ragione alcuna per trattare più severamente gli organi locali rispetto a quelli nazionali, essendo se mai necessario il contrario“.
Questa è la decisione e De Luca in Regione è il risultato. Non definitivo, severamente parlando.
© Angela Cappetta Tutti i diritti riservati