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Vincenzo De Luca
Vincenzo De Luca

De Luca, il reato “linguistico” e le vittime della Severino

A Salerno l’abuso d’ufficio è diventato un reato linguistico.

Vincenzo De Luca, sindaco decaduto e candidato governatore Pd della Campania nel silenzio di Renzi e sotto il peso della legge Severino, ha fatto della sua condanna una questione linguistica legata al termine anglosassone “project manager”.

Fermo restando il principio di innocenza fino all’ultimo grado di giudizio, cosa sarebbe successo se nell’ordinanza incriminata (la numero 4 del 18 febbraio 2008) l’allora commissario straordinario per la realizzazione del termovalorizzatore di Salerno, Vincenzo De Luca, avesse indicato il suo ex capo staff, Alberto Di Lorenzo, come responsabile/dirigente senza scomodare gli inglesi?

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Partiamo dall’ultimo grado di giudizio.

Corte di Cassazione, 29 gennaio 2015. Il caso è quello dell’ex presidente della Provincia di Udine, Marzio Strassoldo, condannato in primo grado (il 15 maggio 2012) a sei mesi di reclusione (pena sospesa) per abuso d’ufficio, salvo poi vedersi sostituire la pena detentiva in una multa di 6.840 euro dalla Corte d’Appello.

Il docente universitario, già rettore dell’Università di Udine, era stato accusato di aver firmato un accordo, 50 giorni prima delle elezioni provinciali, con l’ex vicesindaco di Udine Italo Tavoschi, in cui quest’ultimo si impegnava a sostenere la sua candidatura in cambio di un incarico amministrativo triennale e rinnovabile.

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Strassoldo viene riconfermato presidente a capo della coalizione di centrodestra, ma Tavoschi lamenta il mancato rispetto dell’accordo e ricorre al giudice del lavoro. Da qui l’inchiesta, i due gradi di giudizio e infine la Cassazione che, dichiara prescritto il reato, ma allo stesso tempo legittima la mancanza di requisiti dell’ex vicesindaco a ricoprire l’incarico affidatogli.

Anche nella vicenda termovalorizzatore, il pm di Salerno Roberto Penna ha fatto della mancanza di titoli e requisiti da parte di Alberto Di Lorenzo uno dei punti principali del suo impianto accusatorio.

Corte di Cassazione, 12 febbraio 2014. Stavolta l’imputato principale è l’ex governatore del Molise, Michele Angelo Iorio (Pdl), condannato in secondo grado a un anno e sei mesi.

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Iorio era stato accusato di aver affidato due consulenze alla multinazionale Bain&Co, dove lavorava uno dei suoi figli. Nessun incarico da dirigente, ma il reato contestato è ancora una volta l’abuso d’ufficio.

In attesa della Cassazione, che – come per Strassoldo – dichiarerà prescritto il reato, in Molise si tengono le nuove elezioni regionali. E’ il 2013: Michele Iorio si candida ma viene sconfitto dal candidato del Pd, Paolo Di Laura Frattura. Ha comunque diritto a un posto in consiglio regionale.

Ma la legge Severino gli vieta di ricoprire l’incarico elettivo. Iorio ricorre al Tar di Campobasso che, però, rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione in materia del giudice ordinario. Non soddisfatto l’ex governatore chiama in causa il Consiglio di Stato che, il 15 ottobre 2013, gli infligge la seconda sconfitta.

Anche Vincenzo De Luca, in Campania, deve fare i conti con la legge Severino, ma la cosa sembra non preoccuparlo più di tanto. Se il caso Iorio in Molise è un precedente, la questione De Luca in Campania resta ancora nell’alveo delle prospettive future.

Un dubbio però rimane: se il Tar di Campobasso, avallato dal Consiglio di Stato, ha declinato la sua giurisdizione a decidere sui provvedimenti di sospensione inflitti dalla Severino, perché il presidente del Tar di Salerno a gennaio scorso ha accolto con urgenza la richiesta di sospensiva del sindaco De Luca non ancora dichiarato decaduto dalla Corte d’Appello per il cumulo del doppio incarico da viceministro?

Un Tar, ovunque esso si trovi, non risponde sempre ad un’unica legge?

© Angela Cappetta Tutti i diritti riservati

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