Il 9 aprile 2014 di fronte alla quarta sezione penale del Tribunale di Roma comincia il processo alla P3, la presunta loggia segreta nata per condizionare le scelte politiche, imprenditoriali e giudiziarie del Paese. A capo della “cricca” gli ex titolari delle indagini, Giancarlo Capaldo e Rodolfo Maria Sabelli, individuarono tre personaggi: Flavio Carboni, l’imprenditore Arcangelo Martino e l’ex giudice tributarista Pasquale Lombardi. Affianco ai tre “vertici” si muovevano altri 14 personaggi, tra cui l’ex coordinatore del Pdl in Campania, Nicola Cosentino, e l’ex assessore della giunta regionale della Campania, nonchè attuale sindaco di Pontecagnano Faiano (Salerno), Ernesto Sica.
Nel capitolo dedicato al finto dossieraggio ideato ai danni del governatore della Campania, Stefano Caldoro, è finito anche l’ex portavoce del Pdl, Denis Verdini. Ma è sul finto dossieraggio che si addensano le ombre dei magistrati, perchè non è ancora chiaro chi dice il vero e chi mente. Sica ha sempre ammesso di aver tentato di scongiurare la candidatura di Stefano Caldoro alle regionali dell Campania 2010 e che il finto dossier su presunte frequentazioni transessuali del candidato del Nuovo Psi sarebbe stato il mezzo per raggiungere il risultato. Ma qualcun altro smentisce l’esistenza del dossier. Chi? Nicola Cosentino, che altro non aspettava l’investitura da Berlusconi per correre alle elezioni e sfidare il candidato del centrosinistra Vincenzo De Luca.
Il 4 agosto 2010, Caldoro viene ascoltato dai magistrati romani come persona informata sui fatti e dalle sue dichiarazioni compaiono le prime contraddizioni investigative. Il governatore racconta di aver appreso dell’esistenza di un dossier ai suoi danni da Denis Verdini, durante un incontro a Roma avuto con l’allora portavoce del partito di Berlusconi. “Mi disse – cominciò Caldoro – che c’erano delle carte nelle quali si parlava di storie di sesso sul mio conto. Ad una mia battuta scherzosa se mi avessero attribuito delle veline, anch’egli sempre in tono scherzoso mi disse che si trattava di una storia simile a quella di Marrazzo (ex governatore del Lazio; ndr). Ricordo – aggiunse – che aveva in mano dei fogli che io non volli leggere e sui quali notai che vi erano indicazioni di alberghi e di date. Io dissi a Verdini di lasciar perdere, che non c’era niente di vero e che poteva stare tranquillo”. Berlusconi, in campagna elettore, fu messo al corrente di tutto e il candidato presidente gli consegnò anche la copia della denuncia che aveva sporto. Il dossier era stato fatto recapitare, in forma anonima, anche allo sfidante Vincenzo De Luca, come avrebbe confermato, qualche mese dopo, lo stesso sindaco di Salerno, che non utilizzò mai quelle carte. Caldoro, all’epoca, non poteva immaginare che dietro quel dossier ci fosse Ernesto Sica che, una volta vinte le elezioni regionali, sarebbe stato nominato assessore al Contezioso dal neo governatore. Chi si adoperò per la nomina di Sica a Palazzo Santa Lucia? “L’indicazione di Sica – spiegò Caldoro – proveniva dal partito di Roma e mi fu comunicata da Cosentino”.
A scandalo scoppiato e a carte scoperte – siamo nel luglio 2010 – Sica presenta le dimissioni a Caldoro e resta a fare il sindaco di Pontecagnano. E Nicola Cosentino? E’ ancora presidente della commissione finanze de governo Berlusconi e commissario del Pdl, anche quando la Corte di Cassazione è chiamata a scegliere sulla richiesta di arresto che lo coinvolge. Mantiene un profilo basso nella vicenda e di fronte ai magistrati respinge tutte le accuse. Eppure la sua versione non sembra convingere i pm. Perchè? Perchè ci sono grossi interessi in ballo e Nicola Cosentino lo sa benissimo. Ma Nicola Cosentino, cosa disse ai magistrati?…
(Continua)
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