Se alla Procura di Salerno non fosse arrivato un esposto anonimo, l’inchiesta su piazza della Libertà non sarebbe nata. O forse sì.
E’ il novembre 2011, quando il nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Salerno, guidato all’epoca da Antonio Mancazzo, riceve la delega per approfondire i contenuti dell’esposto.
L’inchiesta sul crac Amato non è ancora scoppiata, il pastificio non è ancora fallito e il figlio del cavaliere Giuseppe, Antonio Amato, non aveva ancora parlato di “tangenti” e di “costi della politica” che hanno poi hanno portato a patteggiamenti e a processo anche l’ex presidente della commissione Finanze del governo Prodi, Paolo Del Mese.
Ma, soprattutto, Peppino Amato jr non aveva ancora parlato della Ifil, di Mario Del Mese, di Piero De Luca come presunto “socio occulto” della Ifil, dei viaggi di questi in Lussemburgo pagati da Del Mese jr e dell’intermediazione di Mario con il Comune di Salerno per ottenere l’accelerazione dell’iter per il pagamento degli oneri di urbanizzazione, che avrebbero dato vita al complesso mai nato di Jean Nouvel, dove l’ex capo staff del sindaco De Luca avrebbe preso un piccolo appartamento.
Eppure, colui che ha scritto l’esposto anonimo aveva anticipato tutto. Anche i legami tra Mario Del Mese, il Comune di Salerno e la Esa costruzioni dei fratelli Armando ed Enrico Esposito.
Sapeva dei materiali utilizzati per la pavimentazione di piazza della Libertà recuperati dalla demolizione del tetto del vecchio pastificio Amato, della variante da 8 milioni di euro, della commissione di collaudo e delle caratteristiche del cemento utilizzato.
“Una serie di dati di natura squisitamente tecnica – scrivono i finanzieri nella loro prima informativa dell’otto dicembre 2011 – che solo un addetto ai lavori avrebbe potuto produrre”.
Un addetto ai lavori che conosceva bene le persone che denunciava come “faccendieri”, riferendosi a Mario Del Mese, e come “lavatrice di soldi sporchi” per identificare la Esa costruzioni.
Poi scoppia lo scandalo Amato, e le perquisizioni coinvolgono anche la Ifil di Del Mese. L’azienda fallisce e le accuse di bancarotta fraudolenta portano a cinque arresti (domiciliari). C’è chi patteggia, come Peppino Amato jr e Mario Del Mese e c’è, tra chi patteggia, chi parla e chi no.
Peppino è uno che parla. Parla dei viaggi in Lussemburgo di Piero De Luca, dell’amicizia di questi con Mario Del Mese (che non la nega), dei gadget pagati per il comizio di Vincenzo De Luca a piazza del Plebiscito a Napoli per la campagna elettorale del 2010, della presenza di Massimo Ghini a Salerno per un secondo comizio elettorale e dell’entratura di Del Mese jr al Comune di Salerno.
Tra le carte d’inchiesta sul crac del pastificio Amato, esce fuori anche la prenotazione di un appartamento da parte di Alberto Di Lorenzo, con su scritto: “Chiamare Mario, amico di Mario”.
Le dichiarazioni di Peppino e l’esposto anonimo sulla piazza si fondono in un unico procedimento di inchiesta: il 3837/12. E, a novembre 2013, arrivano le prime richieste di proroga delle indagini. Gli indagati hanno nomi eccellenti e i capi di imputazione vanno dalla concussione alla corruzione.
In quel procedimento ci sono Vincenzo e Piero De Luca, Alberto Di Lorenzo e Mario Del Mese. Ma ci sono anche Peppino Amato jr e sua moglie Marianna Gatto, oltre ai tecnici e agli imprenditori che oggi, in questo procedimento, ci sono rimasti.
E’ con questi indagati e queste accuse che il nucleo di polizia tributaria ricostruisce quel “comitato politico-affaristico”, con al centro la figura di Mario Del Mese e della Ifil che, solo di consulenze, tra la piazza e la Cittadella giudiziaria ha incassato 900mila euro.
Scattano anche le intercettazioni, che i pubblici ministeri Guglielmo Valenti e Antonio Cantarella, dispongono per un anno. Si scoprono così i brogli elettorali a Nocera Inferiore a favore di Bonavitacola e l’intercessione di questi per il pagamento dei lavori alla Esa e le vacanze pagate dai fratelli Esposito a Buonaiuto e Argentino (che l’ex presidente di Salerno Energia smentisce categoricamente, dichiarando di aver pagato con i suoi soldi l’ombrellone alla figlia).
Si scoprono le sollecitazioni fatte da Vincenzo De Luca per completare al più presto i lavori della piazza, le telefonate con la prefetta Gerarda Pantalone sulle sorti della Provincia di Salerno per il post Cirielli, l’ordine del padre al figlio di “dare i soldi” e le mire degli Esposito negli appalti pubblici di Salerno.
Per la finanza, il quadro è adeguato a formulare le accuse di corruzione e concussione. Ma per i pubblici ministeri, non bastano gli intrecci e i continui rapporti accertati tra politici e imprenditori.
L’accusa scriverà al gip, chiamato a decidere sull’applicazione delle misure cautelari per costruttori e tecnici, che “non ha rinvenuto la prova o solo i gravi indizi di un pactum sceleris corruttivo o concussivo tra pubblici amministratori e imprese appaltatrici”. Eppure, nella stessa richiesta si parla di “perpetrazione di condotte di disdicevole e disinibito utilizzo delle risorse pubbliche“.
Dalle carte dei sostituti procuratori sono stati già cancellati di nomi di Piero De Luca e di Peppino Amato jr. Sono state cancellate le accuse di corruzione e concussione per Vincenzo De Luca, che risponde di falso in atto pubblico.
Ci penserà poi il gip a rigettare le misure cautelari chieste per tecnici e imprenditori. Sono passati quasi due anni dal deposito della richiesta e, ovviamente, le esigenze cautelari “non sussistono più”.
Ha impiegato più il gip a decidere che i pubblici ministeri ad intercettare i protagonisti di questa storia dove i legami tra politica e imprenditori esistono solo nelle intercettazioni telefoniche.
Di quel “comitato politico-affaristico” resta solo Mario Del Mese, che rischia un secondo processo per bancarotta fraudolenta (insieme a Piero De Luca) e che, a questo punto, sembra quasi essere diventato un capro espiatorio della “giustizia“.
© Angela Cappetta Tutti i diritti riservati