Se rivolgersi ai magistrati gli ha portato bene nel procedimento d’appello sul termovalorizzatore, perchè non ripetere la stessa strategia nel processo SeaPark?
Avrà pensato questo Vincenzo De Luca che, per la seconda volta, ha varcato la soglia di un’aula di Tribunale per dire la sua sul caso SeaPark e su quell’imputazione per associazione a delinquere e corruzione che nel 2006 portò il pm di allora, Gabriella Nuzzi, a chiedere tre volte l’arresto dell’ex sindaco-neo parlamentare dei Ds (negato dal gip).
E se non fosse stato per il voto favorevole di Edmondo Cirielli (ex AN, ora Fdi), membro della giunta per le autorizzazioni a procedere, le intercettazioni del deputato De Luca non sarebbero finite al macero come è stato.
Ma questa è una storia vecchia. Quella del SeaPark, invece, pure è datata 18 anni, ma resta attuale perchè il governatore, in tempi non sospetti, ha rinunciato alla prescrizione.
Dunque, legittimato a rendere spontanee dichiarazioni, Vincenzo De Luca irrompe nel processo SeaPark, scortato da un agente della penitenziaria mentre lui si intrattiene in un’aula diversa da quella in cui si celebra il processo, in attesa del fischio di inizio.
“La mia funzione è stata quella di rappresentate del territorio. Ho difeso la dignità del mio territorio, sapendo che il rinnovo della cassintegrazione spettasse agli uffici del Ministero e dell’Inps. Credo che, dopo 18 anni, sia giusto arrivare ad una conclusione e credo che ci siano tutti gli elementi di merito per capire che si è cercato di dare una mano a 200 famiglie. E questo lo riconfermo con assoluta serenità“: questo l’epilogo.
Questa è invece la premessa, in cui De Luca tira in ballo prima la Prefettura – “il Prefetto, sollecitato dai sindacati, convocò Comune e Provincia per tentare di trovare una risposta imprenditoriale, perchè l’unica possibilità era un investimento sostitutivo” – e poi Bohigas (che stava lavorando a un piano regolatore che non ha mai visto la luce) – “individuò nel Parco Marino una grande carta per incentivare il turismo“.
Il problema ovviamente era l’approvazione di una variante urbanistica per realizzare il SeaPark in un’area industriale. E poi c’era da garantire il reintegro dei lavoratori che, con non poche difficoltà, avevano ottenuto la cassintegrazione.
E qui entra in ballo il consiglio comunale e gli imprenditori che voglio investire e che “si presentano a Salerno e con cui si avvia un ragionamento per la delocalizzazione dell’area“. A questo punto, De Luca scomoda anche i defunti. Come il suo ex avvocato civilista Edilberto Ricciardi “incaricato a seguire l’iter della formazione della convenzione nell’esclusivo interesse pubblico. Tanto che – aggiunge – fu approvata una variante con la clausola di salvaguardia: se il Parco marino non fosse stato realizzato, l’area dell’ex Ideal Standard sarebbe tornata a destinazione industriale“.
Così fu firmato un protocollo con la Prefettura per i lavoratori, l’ufficio Piano, l’ufficio Urbanistico e l’ex assessore all’urbanistica, Fausto Martino, individuarono l’area per la delocalizzazione, Bohigas condivise il tutto, gli imprenditori presentarono il progetto e il consiglio comunale approvò: questa la sua versione.
E il ruolo di De Luca? “Io ero parlamentare e avevo rapporti di conoscenza e cordialità con Pasquale Viespoli (all’epoca sottosegretario al Lavoro, ndr) e un sindacalista che mi telefonava tutti i giorni mi chiese di intervenire con il Governo per non far cadere la questione Ideal Standard e il rinnovo della cassintegrazione nel dimenticatoio“. Dopo di questo, l’epilogo delle 200 famiglie da tutelare.
Ma, se il processo SeaPark è ancora in corso (e forse tra qualche settimana ci sarà la requisitoria), il finale del caso Parco marino è questa: il parco non è mai stato costruito, l’area dell’ex Ideal Standard è abbandonata alle intemperie del tempo e dell’amianto e gli ex dipendenti hanno dovuto trovarsi un altro lavoro. A qualcuno è andata bene, ad altri meno.
© Angela Cappetta Tutti i diritti riservati