Camorra e politica, dominio del territorio e campagne elettorali. Boss contro piccoli pregiudicati e centrodestra contro centrosinistra.
Quanta e quale competizione (criminale o elettorale) ci sia dietro l’assassinio di Antonio Procida e Angelo Rinaldi, dovrà stabilirlo la Dda di Salerno che sta indagando sul caso.
Pochi dati sono certi.
Il primo è che due uomini sono stati freddati a Fratte in un caldo pomeriggio di inizio maggio sotto gli occhi della gente e delle telecamere di sorveglianza.
Il secondo è che, a meno di 10 ore dall’agguato, sono stati fermati Matteo e Guido Vaccaro (padre e figlio appartenenti all’omonimo clan) e Roberto Esposito, che la mattina dell’assassinio avrebbero avuto una discussione con le vittime. Tutti e tre sono stati sottoposti alla prova dello stub, in attesa della convalida del fermo su cui deciderà il gip Emiliana Ascoli.

I fermati Matteo Vaccaro, Guido Vaccaro e Roberto Esposito
Il terzo è che nel bar di Antonio Procida sono stati trovati manifesti elettorali di Lello Romano Ciccone, ex assessore provinciale della giunta Cirielli e candidato al consiglio regionale nelle fila di Forza Italia.
Lello Ciccone, ascoltato dal pm dell’Antimafia, Vincenzo Montemurro, ha negato di conoscere vittime e carnefici, ha sospeso le affissioni e ha dichiarato in una nota stampa: “Sono senza parole e mi sembra assurdo quanto accaduto. Procida e Rinaldi erano persone normali. Quando sono venuti da me a chiedermi il lavoro non avevano certo sguardi minacciosi o chissà cosa. Era gente comune, entrambi molto disponibili. Sono convinto che la magistratura farà il suo dovere e si farà completamente luce su questo increscioso fatto di cronaca”.
L’ultimo dato sicuro è che, dopo Ciccone, ad andare in Procura è stato anche Matteo Marigliano, fratello del boss Ciro e dipendente della municipalizzata SalernoPulita. E qui comincia il mistero: cosa c’entra Marigliano?
Matteo Marigliano, di certo, non è stato ripreso dalla telecamere che, al contrario, avrebbero portato gli investigatori sulle tracce dei Vaccaro e di Esposito. Quindi è completamente estraneo a quanto accaduto.
Eppure non è sconosciuto al mondo dell’attivismo politico.
Nel 2010 il suo nome compare nella lista dei tesserati del Pd, quella stessa lista che poi è diventata il perno centrale dell’inchiesta sul tesseramento dei democrat a Salerno, quando l’attuale premier Matteo Renzi stravinse in città contro Cuperlo, Civati e Pittella.
Questa circostanza sta spingendo gli investigatori a ritenere che, se il movente è il dominio camorristico del territorio, quantomeno l’egemonia dovrebbe essere legata all’affissione di manifesti dello schieramento avversario.
E se Procida e Rinaldi affiggevano i manifesti di un esponente del centrodestra, chi li ha uccisi premeva per sponsorizzare un candidato del centrosinistra.
La seconda ipotesi, invece, potrebbe prescindere dagli agganci politici e prendere dunque una deriva più strettamente camorristica, legata cioè alle spartizioni del territorio da parte delle varie organizzazioni criminali.
Politica o camorra? Oppure camorra e politica?
La matassa da dipanare è troppo contorta e le sue ramificazioni, che portano di nuovo alle società municipalizzate del Comune di Salerno, sembrano ancora troppo sottili per tracciare una linea ferma.
Quello che resta di questa storia di manifesti, pallottole e sangue è che la criminalità si attiva per ogni competizione elettorale e la politica sta a guardare il corpo di due uomini diventato cadavere per 50 centesimi a manifesto.
© Angela Cappetta Tutti i diritti riservati
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