Un dialogo (inaspettato) lo avevano avviato in tempi non sospetti. Era luglio scorso quando il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, già proiettato ad autocandidarsi alla guida della Regione Campania, dichiarava pubblicamente che fosse “fondamentale collaborare con il sindaco di Napoli“. Puntuale, il collega Luigi de Magistris che, alla festa dell’Unità, replicava così: “De Luca ha posto un tema quasi ovvio. Dialogare col sindaco di Napoli è normale”.
In comune, a luglio, l’ex segretario del Pci salernitano e l’ex pubblico ministero avevano (e hanno ancora) una sorta di idiosincrasia per il Pd di Andrea Cozzolino e di Pina Picierno. Adesso, dopo due mesi, i loro destini sembrano incrociarsi di nuovo lungo la strada della giustizia. E per entrambi in ballo sono finite le rispettive fasce tricolore.
Il “De” (Luca) grande, tra due giorni, rischia di vedersi confermata la decadenza da sindaco dalla Corte d’Appello di Salerno per via del doppio incarico (sindaco-viceministro) ai tempi del governo Letta. Salvo, ovviamente, ennesimi rinvii – che qualche indiscrezione ha già lasciato trapelare – ancorati a cavilli giudiziari spulciati nei libri di diritto e nei codici da quando (quasi un anno fa) il Tribunale di primo grado ne ha dichiarato la decadenza.
Il “de” (Magistris) piccolo, di suo, ha una recente sentenza di condanna (pena sospesa) a quindici mesi dal Tribunale di Roma sul caso Genchi-Why Not e le interecettazioni su parlamentari, ex ministri (Clemente Mastella) e ex premier (Romano Prodi) non autorizzate dalla Giunta per le autorizzazioni della Camera dei Deputati, che lo costringerebbe a dimettersi per evitare la sospensione dettata dalla legge Severino.
Il “De” grande continua a fare il sindaco a Salerno, tenendo sempre lo sguardo rivolto a Palazzo Santa Lucia. Non ha nessuna intenzione di mollare le sue mire ed è già pronto a ricorrere in Cassazione pur di raggiungere il suo obiettivo.
Il “de” piccolo, sulla stessa scia del “De” grande, non ha nessuna voglia di lasciare Palazzo San Giacomo. Anzi, a chi glielo ha chiesto, ha risposto duro: “Sentenza vergognosa, gravissima ed ingiusta. Dovrebbe dimettersi chi mi ha condannato”. I giudici, cioè?
Il “De” grande dimentica che le conseguenze derivanti da continui rinvii e tardate decisioni potrebbero avere influenze sull’amministrazione della città che governa da venti anni e sulla sua aspirazione a candidarsi alle regionali. Il Pd di Matteo Renzi, per quanto spaccato al suo interno, non si fece molti scrupoli a cancellarlo dalla lista dei ministri del premier-segretario.
Altrettanto sembra fare il “de” piccolo, che non ricorda quanti suoi ex colleghi siano stati condannati per via dello scontro tra le procure di Salerno e Catanzaro nato dalle sue denunce (quasi tutte archiviate) dopo l’avocazione delle indagini Why Not e Poseidone. L’ex capo di Salerno, Luigi Apicella, fu sospeso dalle funzioni di magistrato e obbligato dal Csm a rinunciare alla pensione: adesso fa l’avvocato. L’ex pm Gabriella Nuzzi fu trasferita a Latina e perse le funzioni requirenti: ora è magistrato giudicante. Stesso verdetto per Luigi Verasani: giudicante trasferito a Cassino.
I due sindaci hanno adesso una nuova battaglia che li unisce, che non si chiama Pd ma giustizia, e la giustizia è uguale per tutti. O così dovrebbe essere. A meno che non ci si voglia invocare un pesante precedente giudiziario: quello di Silvio Berlusconi sospeso da senatore dopo una votazione lunga ed estenuante.
© Angela Cappetta Tutti i diritti riservati